2.

1990-1993.

ANNI VERDI

   
2.1 Quel garage piccino picciò

Chissà perché nei ricordi dei più, se non di tutti, l’infanzia è sempre il periodo più bello. Tutto è soffuso nell’indefinito, i contorni sono morbidi e ambigui, le figure tremolanti, come quelle dei sogni. Chissà perché, quando si ricorda il passato, si dimenticano le asperità e le difficoltà e resta solo un’aura mitica che avvolge tutto. Forse è solo un inganno della natura per rendere più bella la vita, ingabbiando il presente, che spesso ci fa soffrire, tra la dolcezza della memoria e l’illusione del futuro.

C’era, ad esempio, una volta la nostra prima sede. Adesso non c’è più. Sul lato destro della chiesa, nel cortile laterale sorgeva una volta un garage deposito che i lavori di ristrutturazione hanno raso al suolo. Quello era il posto giusto per l’Associazione secondo il parroco pro tempore (pro quanto tempore?) che ce lo assegnò come sede. Mica male: 10 metri quadrati di umidità e polvere in inverno, polvere e sudore in estate. Ci posavano le luci rotte di san Giovanni, candele e lumini di seconda mano, cassette per le elemosine in disuso, pezzi di ricambio di una vecchia Prinz dell’ex viceparroco, che aveva la passione per la meccanica e si chiamava don Lorenzo Riela. Dopo una bella ripulita il locale riuscì ad ospitare un armadio, un tavolo e due sedie. Ci entravano anche 2 persone non troppo su di peso.

La posizione del garage però era veramente strategica: in piazza, ma non attaccato alla chiesa eppure dentro la parrocchia. Chiunque passasse dalla piazza ci vedeva e poteva fermarsi. Anche chi non voleva proprio entrare in chiesa, poteva affacciare da noi senza problemi. E chiunque volesse andare nell’ufficio parrocchiale o nelle aule del catechismo doveva passare di lì e vedere che cosa significava quel garage con quella targa verde e bianca scintillante. Così le segretarie di allora (Chiara, Maria e le due Giovanne) avevano buon gioco a fermare tutti con la loro proverbiale chiacchiera e simpatia.

Lì ci si tesserava, lì si apprendevano le notizie sui tornei, lì si depositava il materiale sportivo, lì si facevano progetti per uno spazio più "umano". Ma già così quello spazio si umanizzava dei volti di tanti ragazzi e ragazze, che avevano trovato un covo e un ricovero. Lì poi si poteva entrare anche quando non c’era il parroco (bastava saltare l’inferriata e premere sulla serratura). Ma questo lo sapevano veramente in pochi.

 

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