2.2 Non solo sport

 

La nascita dell’Associazione fu un parto naturale ma non spontaneo. Molto tempo si era speso ad organizzare e programmare. Tanta esperienza già c’era nei primi dirigenti. Il primo anno si concluse con un bilancio molto positivo: era nata un’associazione polisportiva, formata da ragazze e ragazzi, con più di 80 soci e un gruppo di 20 dirigenti. Si era praticato sport in modo continuativo e proficuo, si era riscosso l’apprezzamento delle famiglie e del quartiere. L’anno era stato concluso con una grande festa nel cortile dell’oratorio in cui era stato distribuito l’annuario con tutti i numeri, i dati, gli avvenimenti della stagione. C’erano tutte le premesse per proseguire. E si proseguì.

L’attività dell’Associazione nei primi anni è quasi perfettamente integrata all’interno di un più vasto quadro parrocchiale. Dopo qualche periodo di assestamento i gruppi giovanili iniziano a funzionare e ad essere propositivi. Quello che forse manca è un coordinamento, una strategia complessiva. È certo però che la politica parrocchiale dei primi anni è tutta improntata al rinnovamento della vita comunitaria con grosse responsabilità affidate ai giovani. Del resto il parroco è stato "vice" per troppo tempo. I "vice", si sa, hanno a che fare coi ragazzi e mancano totalmente di quel burocratismo noioso da "funzionari di Dio" che acquisiscono in seguito, divenuti parroci. Di fatto il parroco andò perdendo lo spirito del viceparroco lentamente e lo mantenne, diciamo, fino a tutto il ’91. Nell’89 nel frattempo era giunto un nuovo viceparroco: Don Antonio Catalfo, per tutti padre Antonio, che con la sua testimonianza acerba e radicale mise positivamente in subbuglio un ambiente già caldo. C’erano quindi due viceparroci.

Non tutte le scelte furono azzeccate, è vero. Fu un errore, ad esempio, aprire contemporaneamente l’associazione sportiva e il gruppo scout, dividendo le esigue forze giovanili su due progetti ambiziosi, per il secondo dei quali non c’era forse tutta l’esperienza necessaria. Per molte cose poi non si sceglieva affatto, perché non c’era una visione comune. C’era anche una certa conflittualità, generata più dalla confusione che da altri motivi. Ma permaneva un clima fiducioso e sbarazzino, fraterno e gioioso, che costituiva il vero fondamento di tutta la vita che si svolgeva all’interno della comunità.

Il movimento venne poi percepito anche all’esterno della cintura giovanile e anche gli adulti iniziarono a risvegliarsi, promuovendo la nascita di svariate iniziative (Caritas, rinnovamento dei gruppi per adulti, Consiglio pastorale). La parrocchia era in fermento. Non sembri presuntuoso affermare che i gruppi giovanili e l’associazione ne erano il lievito. Mancava un po’ di sale.

Dal quadro appena delineato è chiaro che nei primi anni di vita l’associazione non ha un’identità fortissima. I suoi contorni sfumano in quelli dei gruppi parrocchiali. C’è al suo interno qualcuno che ha una maggiore consapevolezza del valore dello sport come strumento di educazione e della sua importanza in un quartiere "puzzle" come il nostro, per il suo alto fattore aggregante, per la sua attrazione e per la capacità di comunicazione immediata di valori e comportamenti. Per i più resta un’attività a latere di tante altre (dal canto alla catechesi, dalle liturgie alle fraternità) vissuta in un ambiente aperto ed effervescente. Ed è giusto che sia così. Sono anni in cui si fa tutto, dopo anni in cui non si faceva niente. Ci si ritrova sette giorni su sette tra chiesa, sagrato e sacrestia. Il cortiletto attorno al garage piccino picciò è un via vai continuo di vespe e puzza di miscela.

Oggi, a distanza di dieci anni, quello spazio, rimesso a nuovo e tirato a lucido, è protetto da un cancello che non si può più scavalcare. Protetto da chi? E da che cosa? Potranno mai le pietre morte vincere le pietre vive?

 

 

 

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