4.3 Se ci sei ... C.S.I.

 

Nel 1996 al congresso provinciale Nunzio Salerno viene riconfermato presidente del CSI. Chiara, Seby e Alessandro entrano nella presidenza, rispettivamente con il ruolo di amministratore, coordinatore dell’attività sportiva, coordinatore dell’attività di formazione.

L’Associazione vuole dare un impulso di rinnovamento al comitato e ha le idee chiare: devono rafforzarsi alcune grandi società sportive e devono via via contribuire a una gestione collegiale e pienamente democratica del Comitato. La formazione degli allenatori, degli arbitri, dei dirigenti deve caratterizzare tutta l’attività e qualificarla sempre più come alternativa allo sport senz’anima che dilaga nelle federazioni e nelle palestre.

Un gran colpo di fortuna inaugura il quadriennio. Sfrattati dalla vecchia sede di via Santa Maddalena, la diocesi affida al comitato gli splendidi locali di via San Giuseppe al Duomo: tre piani da poco ristrutturati e molto confortevoli. Ci sono tutte le premesse per un grande rilancio del comitato e viene elaborato un progetto strategico. La rivoluzione è dettata dal fatto che i tornei diventano veramente delle occasioni per crescere e riflettere sul tipo di sport che si propone, sulla salute, sulla legalità. Infatti, per ogni torneo viene istituito un tutor, che gira per i campi, parla con gli allenatori, i dirigenti, gli atleti e gli arbitri, verifica la bontà dell’organizzazione e dell’attività. Ogni due settimane gli arbitri, i dirigenti, gli allenatori e i capitani delle squadre di ogni torneo si incontrano con il responsabile della formazione o con degli esperti per fare il punto della situazione sul torneo o per apprendere tecniche di allenamento, di pronto soccorso, discutere sui provvedimenti disciplinari.

Sembra un impegno gravoso, ma diviene a poco a poco una sorta di prolungamento del gioco. La cosa più bella è che cessa l’estraneità, ci si conosce al di là delle linee del campo e dell’agonismo. L’arbitro diventa una persona con cui confrontarsi, il dirigente dell’altra squadra è un amico che si rivedrà domenica. Nel corso dell’anno vengono organizzati più di ottanta incontri di formazione e la partecipazione rasenta il 90%. Da tanti anni il comitato non era così affollato di persone di buona volontà disposte a collaborare per l’educazione dei giovani di Catania attraverso un nuovo modo di fare sport.

La Giovaninsieme produce uno sforzo enorme per garantire questo tipo di attività, mettendo in secondo piano le dinamiche interne. Ma non è da sola. Il suo scopo è infatti quello di coinvolgere strategicamente altre società che sono state da troppo tempo ai margini e reintrodurle nel comitato. Per poi dare sempre più spazio ad esse, in una gestione collegiale e democratica, ritirandosi a poco a poco da vari posti occupati e riconcentrando le energie su se stessa per non smarrirsi. La San Paolo e la Meridies, l’Universal e la S. Bernadette, le società di Adrano devono riaccostarsi a poco a poco alla gestione, mentre Giovaninsieme e Sciammuru fare spazio e aprire prospettive. Il progetto funziona. Viene ristrutturata la segreteria, con il grande contributo di Sandra e Adriana, che dominano anche i vari obiettori di coscienza che prestano il servizio civile presso il comitato; nella giustizia sportiva si affacciano i nuovi volti di Raffaella e Seby; il comunicato ufficiale diventa un piccolo settimanale; l’amministrazione riacquisisce trasperenza ed efficienza grazie a Chiara. Si respira un clima di fiducia e di rispetto reciproco. Al forum nazionale dei giovani tenutosi a Roma nella primavera del ’96, il comitato di Catania partecipa con quattro donne: Adriana, Chiara, Maria e Viviana. Per dare un segnale del rinnovamento che Catania viveva.

 

 

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